Nell’era digitale i contratti stanno vivendo sempre più un processo di dematerializzazione e allora si rende necessario affrontare il caso in cui tali accordi contengano pattuizioni vessatorie ovvero quelle che comportano uno squilibrio di diritti ed obblighi a carico di chi sottoscrive il contratto attribuendo un vantaggio alla controparte.
I casi scolastici sono quelli relativi al foro esclusivo di competenza, alle limitazioni di responsabilità ed alla facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione.
Quali sono le regole base da seguire a tutela di chi deve approcciarsi a tali forme contrattuali?
I casi scolastici sono quelli relativi al foro esclusivo di competenza, alle limitazioni di responsabilità ed alla facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione.
Quali sono le regole base da seguire a tutela di chi deve approcciarsi a tali forme contrattuali?
Preliminarmente va rilevato che l’uso uniforme di condizioni contrattuali per tutti gli utenti estende ai contratti on line la normativa sulle condizioni generali di contratto di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c.
È necessario poi distinguere il contratto Business to Business (in seguito B2B) da quello Business to Consumer (in seguito B2C).
Ai contratti B2B si applica l’art. 1341, comma 2, c.c., il quale subordina la validità delle clausole vessatorie all’approvazione scritta a pena di nullità. Nei contratti on line la sottoscrizione su carta dovrà quindi essere sostituita da una firma elettronica di tipo avanzato quale può essere la firma digitale, non essendo sufficiente il semplice click da parte dell’utente sul modulo on line.
Per i contratti B2C, diversamente, la firma elettronica non è sufficiente. L’art. 33, D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo) stabilisce che le clausole vessatorie devono ritenersi generalmente nulle salvo che l’impresa riesca a dimostrare il contrario.
Quando una clausola è vessatoria, ai sensi del CdC, è nulla e non vincolante per il consumatore anche se quest’ultimo l’ha sottoscritta specificatamente ai sensi dell’art. 1341 c.c.
Il concreto accertamento della natura vessatoria di una clausola inserita nel contratto del consumatore è facilitato da una serie di presunzioni per cui il consumatore di rado ha l’onere di dimostrare l’esistenza del significativo squilibrio, essendogli sufficiente dimostrare che la clausola in questione rientra in quelle presunte dalla legge come vessatorie.
Il Codice del Consumo individua due tipologie di clausole:
- nella c.d. “lista grigia” rientrano una serie di clausole che si presumono vessatorie salvo prova contraria. L’impresa in questo caso è onerata dalla necessità di provare che la pattuizione non determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi inerenti il contratto oppure che la clausola è stata oggetto di trattativa individuale;
- nella c.d. “lista nera” invece rientrano quelle clausole considerate vessatorie in ogni caso, cioè senza possibilità di prova contraria da parte dell’impresa.
In via residuale, a tutte le altre clausole non comprese nelle due “liste”, sarà rimesso al consumatore l’onere di dar prova del significativo squilibrio.
Accertata la vessatorietà il Giudice dichiara la nullità relativa della clausola che non si estende all’intero contratto.
In via alternativa i consumatori (e in alcuni casi anche le associazioni dei consumatori, iscritte nell’apposito elenco istituito presso il Ministero delle attività produttive) possono avvalersi della tutela inibitoria finalizzata a far cessare un comportamento lesivo già verificatosi e imporre all’autore dell’illecito un obbligo di astenersi in futuro da ulteriori comportamenti dei quali sia già stata accertata l’antigiuridicità.
È necessario poi distinguere il contratto Business to Business (in seguito B2B) da quello Business to Consumer (in seguito B2C).
Ai contratti B2B si applica l’art. 1341, comma 2, c.c., il quale subordina la validità delle clausole vessatorie all’approvazione scritta a pena di nullità. Nei contratti on line la sottoscrizione su carta dovrà quindi essere sostituita da una firma elettronica di tipo avanzato quale può essere la firma digitale, non essendo sufficiente il semplice click da parte dell’utente sul modulo on line.
Per i contratti B2C, diversamente, la firma elettronica non è sufficiente. L’art. 33, D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo) stabilisce che le clausole vessatorie devono ritenersi generalmente nulle salvo che l’impresa riesca a dimostrare il contrario.
Quando una clausola è vessatoria, ai sensi del CdC, è nulla e non vincolante per il consumatore anche se quest’ultimo l’ha sottoscritta specificatamente ai sensi dell’art. 1341 c.c.
Il concreto accertamento della natura vessatoria di una clausola inserita nel contratto del consumatore è facilitato da una serie di presunzioni per cui il consumatore di rado ha l’onere di dimostrare l’esistenza del significativo squilibrio, essendogli sufficiente dimostrare che la clausola in questione rientra in quelle presunte dalla legge come vessatorie.
Il Codice del Consumo individua due tipologie di clausole:
- nella c.d. “lista grigia” rientrano una serie di clausole che si presumono vessatorie salvo prova contraria. L’impresa in questo caso è onerata dalla necessità di provare che la pattuizione non determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi inerenti il contratto oppure che la clausola è stata oggetto di trattativa individuale;
- nella c.d. “lista nera” invece rientrano quelle clausole considerate vessatorie in ogni caso, cioè senza possibilità di prova contraria da parte dell’impresa.
In via residuale, a tutte le altre clausole non comprese nelle due “liste”, sarà rimesso al consumatore l’onere di dar prova del significativo squilibrio.
Accertata la vessatorietà il Giudice dichiara la nullità relativa della clausola che non si estende all’intero contratto.
In via alternativa i consumatori (e in alcuni casi anche le associazioni dei consumatori, iscritte nell’apposito elenco istituito presso il Ministero delle attività produttive) possono avvalersi della tutela inibitoria finalizzata a far cessare un comportamento lesivo già verificatosi e imporre all’autore dell’illecito un obbligo di astenersi in futuro da ulteriori comportamenti dei quali sia già stata accertata l’antigiuridicità.